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Gli effetti del coronavirus sulla Cina e sul resto del mondo

Il coronavirus ha bruscamente interrotto le normali attività economiche della Cina e, di conseguenza, del resto del mondo. I container bloccati nei più grandi porti cinesi hanno provocato l’arresto delle catene di approvvigionamento nazionale e mondiale di molti settori – incluso quello della carne e del bestiame – e rallentato le esportazioni verso il Paese. Oltre a questi effetti a breve termine, il virus avrà molto probabilmente anche alcuni effetti a lungo termine sull’economia cinese e globale.

Effetti immediati sulla Cina

La COVID-19, che ha avuto origine in Cina, ha duramente colpito il Paese a vari livelli. Il virus ha inciso e continuerà a incidere notevolmente sull’economia cinese per tutto il 2020. L’accumulo di container nei tre maggiori porti del Paese causa problemi nella distribuzione e nell’approvvigionamento di prodotti sia di importazione che di esportazione.

Inoltre, si registra un calo della domanda da parte dei cinesi che escono raramente – se non per nulla – dalle loro case, non solo per timore di contrarre la malattia ma anche a causa delle restrizioni imposte dal governo riguardanti i viaggi. Il risultato è la crescita dell’e-commerce che, tuttavia, non riesce a soddisfare l’aumento della domanda a causa dei problemi di distribuzione e approvvigionamento descritti in precedenza.

Porti fermi

Le prese elettriche per i mezzi di trasporto refrigerati presenti nei porti di Shanghai, Ningbo e Tianjin sono tutte occupate e, a causa della loro scarsità, alcuni mezzi di trasporto refrigerati hanno subito danni. Altri sono stati spediti a Hong Kong, a Singapore, in Giappone o in Corea del Sud, dove i container verranno temporaneamente immagazzinati.

A pagarne lo scotto, sono le esportazioni. Spedizionieri come CMA CGM, MAERSK, ONE, APL e ZIM hanno annunciato un sovrapprezzo sulle tariffe di nolo pari a 1.000 USD a container. Tali sovrapprezzi vengono applicati al trasferimento delle merci verso i porti alternativi precedentemente citati.

Cause dell’accumulo di container nei porti cinesi

Si ritiene che la carenza di manodopera portuale e le restrizioni riguardanti gli spostamenti su scala nazionale - due aspetti strettamente correlati tra loro - siano i principali motivi dell'accumulo di container in Cina. occasione del Capodanno cinese, la maggior parte degli operatori portuali è tornata nella sua città natale per celebrare le festività. In quel periodo, lo scoppio del coronavirus ha messo in ginocchio il Paese e spinto il governo a prolungare il periodo di vacanza e ad applicare restrizioni ai viaggi su tutto il territorio nazionale. Tali restrizioni sono state molto più rigide di quelle applicate durante il periodo dell’emergenza SARS. Di conseguenza, per i lavoratori è stato difficile – se non impossibile – tornare al lavoro e nei porti la scarsità di personale ha contribuito a creare congestioni. Va anche notato che le vacanze del Nuovo anno lunare sono il periodo di maggior consumo per la Cina. I prodotti acquistati in vista del Capodanno e stipati nei container frigoriferi non sono stati consumati, incidendo anch'essi sulla situazione.

Tuttavia, i cinesi stanno gradualmente rientrando al lavoro poiché le restrizioni legate ai trasporti vengono progressivamente revocate. Quando il virus sarà sotto controllo, la situazione migliorerà senza dubbio, anche se ci vorrà del tempo affinché gli effetti sulla catena di approvvigionamento vengano completamente assorbiti.

Calano le esportazioni verso la Cina

C’è voluto del tempo per misurare l’impatto dell’arresto dei porti sul commercio della carne, ma adesso si può affermare con certezza che i volumi delle esportazioni sono inferiori alle previsioni. Ciò si deve in gran parte all’aumentato rischio delle spedizioni di merci in Cina e alle tariffe di nolo maggiorate, come già accennato. Di conseguenza, gli esportatori immagazzinano prodotti, ma ciò ha costi extra e comporta rischi dal punto di vista della loro conservazione, senza contare il problema dell’accumulo delle merci nei porti cinesi.  

Altri fattori da prendere in considerazione

Lo spettro del fallimento incombe sempre più su un gran numero di catene di servizi alimentari e di esercizi indipendenti. Per di più, durante questo periodo, i lavoratori cinesi non sono stati pagati e dovranno adeguare il loro stile di vita di conseguenza.

Infine, anche le aziende agricole stanno attraversando un periodo problematico. Da una parte, alle fattorie non arriva il mangime, dimodoché gli animali sono scarsamente alimentati, patiscono la fame e in molti casi muoiono. Dall’altra, dalle fattorie non esce il bestiame perché mancano i camion, cosicché i macelli sono fermi.

Regressione economica globale

Gli effetti globali del coronavirus – e i problemi della Cina nel gestirli – non interessano solo il commercio della carne. Fra di essi i più notevoli sono un arresto della catena di approvvigionamento, i mancati guadagni nel settore turistico e un calo della domanda cinese di prodotti di importazione.

L’arresto della catena di approvvigionamento incide su molti settori

Il settore dell’allevamento di bestiame sta notando gli effetti dell’arresto operativo della catena di approvvigionamento cinese. L’impatto maggiormente visibile riguarda i medicinali generici a basso costo e gli additivi a bassa tecnologia. È molto probabile che risentirà di questa situazione anche la produttività di alcuni mercati asiatici. Infine, a causa della chiusura delle fabbriche e dell’arresto dei porti cinesi si verificherà un accumulo di forniture e/o di attrezzature. 

Calo del fatturato nel settore turistico

I turisti cinesi hanno un peso enorme per un gran numero di mercati e il fatto che ultimamente pochi di loro viaggino sta cominciando a diventare un problema. La maggior parte dei cinesi ha paura di viaggiare nel suo Paese – ancor più all’estero – e quindi resta a casa. C’è poi chi vorrebbe viaggiare ma non può farlo perché non è autorizzato a entrare nei Paesi che osservano il periodo di quarantena.

L’impatto sulle destinazioni popolari è evidente: se cala il numero di turisti cinesi, calano anche gli introiti per hotel, ristoranti, negozi, ecc. E la perdita di turisti cinesi non è cosa da poco. A titolo di esempio: il 25% dei turisti in Thailandia è cinese e la spesa media è pari a 2.000 USD.